Nel calcolo dell’ISEE – l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente – il ruolo della prima casa è particolarmente rilevante per la determinazione del valore patrimoniale del nucleo familiare. Tuttavia, negli ultimi anni e anche nelle più recenti revisioni normative, sono state introdotte agevolazioni specifiche e franchigie pensate per attenuare l’incidenza dell’abitazione principale in modo da rendere l’indicatore più equo rispetto alle effettive condizioni economiche delle famiglie. Comprendere come funziona il meccanismo di calcolo e a quali regole e franchigie ci si deve attenere è essenziale non solo per la compilazione della DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica), ma anche per valutare l’accesso a numerosi bonus e prestazioni sociali agevolate.
La prima casa e la disciplina ISEE attuale
Dal punto di vista normativo, la prima casa di abitazione principale del nucleo familiare è trattata in modo differente rispetto agli altri immobili di proprietà. La regola generale prevede una franchigia di valore prevista proprio a tutela del diritto all’abitazione. Solo la casa di residenza principale (quella corrispondente alla dimora abituale del nucleo) non incide pienamente sul calcolo dell’ISEE; viene infatti applicata una detrazione sul valore catastale, che consente nella maggior parte dei casi di azzerare o ridurre molto la quota di patrimonio immobiliare rilevante ai fini dell’indicatore.
Viceversa, le pertinenze – come box auto, garage, cantine collegate all’abitazione principale – sono invece considerate al pari di altri immobili e vanno incluse nel patrimonio mobiliare complessivo, senza alcuna deduzione specifica rispetto alla casa principale stessa. Questo significa che anche chi possiede solo un’abitazione con pertinenze catastalmente distinte può trovarsi a un valore patrimoniale ISEE maggiore rispetto a chi possiede una sola unità abitativa senza pertinenze.
Determinazione del valore patrimoniale: calcolo e franchigie
Nel dettaglio, per stimare quanto la prima casa influisce sull’ISEE, si parte dal valore catastale, che va ricavato direttamente dalla visura dell’immobile. A questo valore vengono applicati specifici coefficienti a seconda della categoria catastale dell’immobile e della tipologia di proprietà. In seguito, nel caso di abitazione principale, si opera una deduzione fissa detta franchigia: attualmente, questa franchigia è pari a 52.500 euro. Vale a dire che, se il valore catastale rivalutato della prima casa non supera questa somma, il suo impatto sul valore patrimoniale ai fini ISEE sarà nullo o molto ridotto.
Ad esempio, se una famiglia possiede una casa con valore IMU di 100.000 euro e vi è un mutuo residuo di 70.000 euro, detraendo la franchigia prevista per la prima casa, il patrimonio immobiliare da dichiarare ai fini ISEE risulterà pari a zero. Ciò significa che il calcolo ISEE in questa situazione non verrà influenzato dall’abitazione principale dichiarata come residenza familiare, consentendo la possibilità di accedere a un ISEE inferiore e quindi a fasce di agevolazioni più ampie o bonus sociali specifici. Se invece si possiede una seconda casa, non ci sono franchigie, e il suo intero valore, al netto di eventuali mutui residui, verrà conteggiato aumentando inevitabilmente il valore patrimoniale e il conseguente ISEE.
Impatto delle pertinenze e degli immobili diversi dalla prima casa
Come già accennato, le pertinenze – come box, garage o cantine – sono incluse nel calcolo del patrimonio immobiliare e non godono della franchigia riconosciuta alla prima casa. All’atto pratico, se l’abitazione principale possiede una o più pertinenze accatastate distintamente, ciascuna di esse influirà direttamente sull’ISEE. Questo fa sì che, a parità di situazione reddituale, due famiglie con la stessa casa principale ma numero o valore di pertinenze differente possano ottenere stime di ISEE anche significativamente diverse.
Per quanto riguarda immobili diversi dall’abitazione principale – quindi seconde case, immobili a uso investimento o ereditati non utilizzati come dimora abituale – essi vengono valutati senza alcuna detrazione. Ne consegue che chi possiede una seconda casa anche di valore modesto si troverà a un livello di patrimonio ISEE più alto. Nei casi in cui sia presente un mutuo ipotecario residuo su questi immobili, è possibile dedurne il valore residuo per ridurre parzialmente il peso patrimoniale.
Possibili sviluppi normativi e impatto sociale
Nei mesi più recenti, la questione della riforma ISEE ha assunto una grande rilevanza politica e sociale, poiché sempre più famiglie residenti in aree urbane con mercato immobiliare in crescita si trovano “penalizzate” proprio per il possesso di una prima casa di modesto valore ma ottenuta magari in eredità o risalente a molti anni addietro. Il legislatore ha avviato tavoli di lavoro per rendere più equa la valutazione del patrimonio immobiliare, ipotizzando ulteriori alleggerimenti dell’impatto della prima casa sull’indicatore periodo, specie rispetto ai requisiti di accesso a servizi sociali e agevolazioni tariffarie.
L’obiettivo è quello di evitare che il mero possesso di una casa di proprietà da utilizzare come abitazione principale comporti una esclusione o limitazione nell’accesso alle prestazioni sociali. La discussione coinvolge anche il trattamento specifico nei casi di immobili ubicati in zone a elevata pressione immobiliare (ad esempio in grandi città o zone turistiche), poiché, anche se il valore commerciale è elevato, non sempre corrisponde a una reale disponibilità economica del nucleo familiare.
Secondo le ipotesi in fase di studio, una possibile soluzione della riforma ISEE consisterebbe nel ridurre ulteriormente il peso della prima casa sul patrimonio imponibile, lasciando a carico del contribuente solo una quota simbolica, oppure incrementando le franchigie e ampliando la platea dei soggetti che possono beneficiare di agevolazioni e bonus sociali. Tuttavia, nuovi interventi richiederanno un equilibrio tra le esigenze dei cittadini e la necessità per lo Stato di garantire la copertura finanziaria di eventuali minori entrate.
Come incide la prima casa e cosa cambia su scala pratica
In pratica la casa di residenza principale pesa molto meno sul valore patrimoniale ISEE rispetto a qualsiasi altro immobile, grazie alla franchigia di 52.500 euro e alla possibilità di dedurre il mutuo residuo. Questo può tradursi in una diminuzione sostanziale del valore ISEE complessivo, favorendo le famiglie che devono accedere a bandi pubblici, bonus energia, servizi per l’infanzia e altre agevolazioni tariffarie.
Il patrimonio immobiliare complessivo ai fini ISEE (comprensivo di immobili, pertinenze e altri valori immobiliari) confluisce nella componente patrimoniale dell’indicatore. Da questo totale viene calcolato il 20% che, insieme al reddito dichiarato e al patrimonio mobiliare (conti correnti, titoli, buoni, ecc.), determina il valore finale, il quale viene infine rapportato alla scala di equivalenza, un parametro che considera il numero e la tipologia dei componenti del nucleo familiare.
Per vedere concretamente quanto incide o si riduce il valore patrimoniale dichiarato basta svolgere simulazioni con dati reali, ricordando sempre che ogni variazione – anche minima – di patrimonio o reddito può produrre effetti sul valore ISEE finale e quindi sui diritti di accesso a prestazioni agevolate.
Per approfondire il concetto di patrimonio ai fini fiscali e sociali, è possibile consultare risorse come quelle messe a disposizione su ISEE per avere un quadro completo di tutte le regole e le trasformazioni possibili.
In conclusione, nel 2025 la prima casa continua a essere tutelata nel calcolo dell’ISEE grazie alla franchigia dedicata e alla possibilità di dedurre il mutuo, ma restano fondamentali una corretta dichiarazione ed eventuali verifiche rispetto ai prossimi interventi legislativi che potrebbero ulteriormente modificare i criteri di valutazione per favorire una più equa distribuzione delle risorse sociali, soprattutto per le categorie più vulnerabili.